GRANDE GIORNATA ERITREA, TRE TITOLI AFRICANI E PARATA TRIONFALE:TRA GLI ELITE L’ESPERTO MERHAWI ESULTA CON l’EMERGENTE AWET

La Grande Recita dei ciclisti eritrei ha mandato in archivio una rassegna continentale resa speciale da quanto avvenuto meno di due mesi prima a Kigali. Uno, due, tre: in mattinata era stato il diciottenne Natan Tesfalem ad issarsi sul gradino più alto del podio tra gli juniores, quindi è stata la volta dell’attesissima prova degli Elite. Non ha tradito le attese il 31enne Kudus Merhawi, a pieno titolo (milita nella professional spagnola Burgos Burpellet BH dopo aver fatto parte dell’Astana)il più alto in grado tra i concorrenti, arrivato sul traguardo di Kwale appaiato al connazionale Aman Awet, che di anni ne ha 22 e può dirsi pronto ad ereditare il testimone dai corridori più esperti della nazione stabilmente numero 1 a livello africano. Lui, Kudus, disputò addirittura il suo primo Tour de France a soli 21 anni(era nei ranghi della Mtn Qhubeka, con radici in Italia), in un’edizione della Grande Boucle diventata storica per l’Eritrea grazie alla maglia a pois di re degli scalatori vestita da Teklehaimanot, che militava nella Cofidis. Merhawi di confidenza con la salita ne ha tanta, dote unita a sei partecipazioni alla Vuelta Espana e a due giri d’Italia. Al suo predecessore come campione africano, Henok Mulubrhan, lo accomuna anche una vittoria nella classifica assoluta del Tour du Rwanda, un vero e proprio “pallino” per chi arriva da Asmara. Dopo sette stagioni nel World Tour e sette affermazioni in carriera(aggiungiamo il secondo di tappa alla Vuelta)Kudus poteva uscire dai radar quando nel 2024 è retrocesso nella Continental malese Terengganu. Ed invece si è trattato di un rilancio per questo corridore approdato in Europa nel 2013, stagista con la francese Bretagne – Séché Environement, oggi salutato con particolare affetto – quasi fosse un padre nobile eppure 31enne- dai connazionali della Diaspora di tutta Europa. Quando in Kenya gli hanno lanciato la bandiera eritrea, durante la premiazione sul palco di Kwale, Merhawi si è quasi sentito sopraffatto dalla festa per la conquista del titolo. Al suo fianco c’era Awet, miglior under 23 africano. Un ragazzo che ha grande talento, dimostrato tralaltro nel febbraio scorso in una tappa del Tour du Rwanda, dove giunse secondo, con indosso i colori del centro sviluppo dell’Uci (Wcc Team), punto di passaggio fondamentale per i migliori prospetti che arrivano dall’Africa e non solo. Selezione iniziale a Paarl in Sudafrica, promozione ad Aigle ed esperienza europea, le strade del grande ciclismo e addirittura la maglia verde al Tour 2024: la trafila che è valsa l’ascesa di Biniam GIrmay, era e resta uno dei motivi dominanti della rassegna continentale, lo dimostra non solo Awet(che curiosamente nel 2026 militerà in Cina nella Corima Wuzhishan) ma pure il terzo classificato, Oussama Abdellah Mimouni, 22enne sfacciato nel tentare il golpe sull’erta finale, stretto nella morsa dell’Eritrea. Ora il portacolori della Madar Cycling Team fa guardare al futuro con grandi speranze la federazione ciclistica del Paese del Maghreb. Con 55 giorni di gara all’attivo, un lusso per altri corridori africani(ecco l’importanza di correre all’estero), Mimouni ha gettato le basi per salire sul podio a fianco dei due “Red Sea Camels”. Il ciclista proveniente dalla provincia di Algeri forse non intraprenderà il percorso ascensionale che al femminile fa sognare in grande l’etiope Tsige Kiros, già settima al Mondiale. A due passi dalle spiagge keniane, è risuonata forte l’eco di Kigali 2025, regalando vittorie alle nazioni con maggiore tradizione ciclistica del Continente, ma senza tralasciare, ad esempio, un argento all’ugandese Miiro, che sogna le Olimpiadi di Los Angeles 2028, ed un bronzo al namibiano Surén tra gli juniores uomini. Il segno tangibile di una pluralità, anche nel giorno del monologo eritreo.

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